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Il genere grammaticale

By Simone Catania | Published  03/13/2015 | Italian | Recommendation:RateSecARateSecARateSecARateSecARateSecI
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Simone Catania
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IL GENERE GRAMMATICALE

Il genere grammaticale, e in particolare il genere dei sostantivi, è uno dei temi più trattati e allo stesso tempo più discussi nell'ambito della scienza linguistica. Motivo di tale interesse è da ricercare probabilmente nel fascino che il genere suscita negli studiosi per il suo collegare il mondo astratto della lingua a quello reale delle persone. Si pensi ad esempio, nell'ambito della questione linguistica sulla political correctness, come il genere "linguistico" sia stato fatto oggetto di critica per il suo includere sia uomini che donne e come diversi personaggi siano stati criticati per il loro uso del genere in modo (più o meno) politicamente corretto in discorsi ufficiali. Dal momento che gli studi sul tema sono numerosi e condotti sotto ottiche diverse, anche i risultati, non raramente, risultano divergenti, creando una forte confusione per chi si cinge a trattare e studiare questo tema.1

Gli studi sul genere grammaticale hanno una lunga storia. Fu una delle prime categorie linguistiche a essere "scoperta" dai greci e numerosi scritti a riguardo provengono da Aristofane, Protagora, Aristotele, Dionisio Trace e altri.2 Speculazioni sull'origine del genere furono fatte da alcuni dei più grandi linguisti di tutti i tempi quali J. Grimm, K. Brugmann e A. Meillet, i quali presentarono validi studi e ipotesi che diedero un’ulteriore spinta nell'ampliare l’immensa letteratura sull'origine del genere, specialmente in riferimento alla famiglia linguistica indoeuropea. Nel XVIII secolo il genere è stato descritto come l’espressione di una mitologia primordiale: la Weltanschauung prodotta dai parlanti di una determinata lingua, i quali avrebbero idealizzato il genere rendendolo in questo modo più di un elemento di ricerca meramente linguistico-grammaticale aprendo così nuove strade alla ricerca. Anche la linguistica comparativa ha affrontato il tema del genere; in un primo momento in relazione al funzionamento e all'evoluzione all'interno delle lingue indoeuropee, per poi ampliare in un secondo momento i confini di ricerca anche verso le numerose lingue africane, austroasiatiche e amerinde.
Il 1991 segna un anno di svolta con l’uscita di Gender di Greville Corbett.3 Il volume presenta uno studio tipologico tutto centrato sul genere nelle varie lingue del mondo. A tutt'oggi rappresenta uno dei volumi chiave per chiunque s’interessi a questo tratto delle lingue. Secondo Corbett «gender is the most puzzling of the grammatical categories»4, «a feature of special interest because it provides a dramatic demonstration of just how different languages can be.»5 Di fatti, se la categoria grammaticale genere è diffusa in molte lingue del mondo, svolgendo un ruolo centrale e pervasivo, in altre è totalmente assente.6 Per quanto riguarda il continente europeo e in parte quello asiatico, dove sono parlate lingue di derivazione indoeuropea, si riscontra una partizione in tre generi7 o una sua riduzione in due.8 Si presentano casi in cui nel corso della loro evoluzione le lingue hanno perso il presente tratto mentre in altri, in particolar modo le lingue slave, hanno sviluppato e introdotto nuovi sotto generi. In area euro-asiatica particolare interesse suscitano le circa 35 lingue a nord del Caucaso (come il georgiano e il ceceno), le quali presentano un sistema di genere totalmente divergente da quello indoeuropeo. A sud dell’India, invece, dove si parlano lingue della famiglia dravidica (come il tamil e il telugu) è presente un solido sistema di genere. Le lingue della famiglia afro-asiatica, nonché tre famiglie linguistiche africane, cioè nilo-sahariane, niger-kordofanian e khoisan hanno tutte un tale sistema. Per quanto riguarda il continente oceanico il genere è riscontrato in Australia (in numerose lingue dell’Arnhem Land e del North Kimberleys) e in Nuova Guinea con le sue mille lingue circa. Infine, per quanto riguarda le lingue amerinde, la presenza del genere sembra essere un caso raro e isolato; l’eccezione più importante è la famiglia nordamericana delle lingue algiche che si basano su un sistema bigenere.

1 Cfr. Matasović, Ranko, Gender in Indo-European, Heidelberg, Winter Verlag, 2004, pp.13-15.
2 Secondo Aristotele il termine viene usato anche da Protagora per classificare i nomi nei tre generi grammaticali: «τὰ γένη τῶν ὀνομάτων ἄρρενα καὶ θήλεα καὶ σκεύη» [come Protagora divideva i generi dei nomi: maschili, femminili e attrezzi]. Aristotele, Retorica e Poetica, a cura di Marcello Zanatta, Torino, UTET, 2004, p.328.
3 Corbett, Greville, Gender, Cambridge, Cambridge University Press, 1991.
4 Ivi, p.1
5 Corbett, Greville, Grammatical features: a key to understanding language, Oxford, Oxford University Press, 2006, p.749.
6 Il genere non si riscontra in lingue quali il guaranì, nelle lingue uraliche (ungherese, finlandese, estone, ecc…) e in lingue a nord tra Europa e Asia. Soprattutto nel continente asiatico e americano sono presenti diverse famiglie linguistiche in cui il tratto genere è completamente assente.
7 Esempi di lingue con i tre generi maschile, femminile e neutro sono le seguenti: tedesco (lingua di studio del seguente lavoro), bielorusso, bosniaco, bulgaro, croato, ceco, faroese, greco, gujarati, islandese, leonese, marathi, norvegese (sia Bokmål che Nynorsk), polacco, romeno, russo, serbo, slovacco, sloveno, sorabo, ucraino, yiddish e albanese.
8 Esempi di lingue con due generi maschile e femminile sono i seguenti: arabo, aramaico, bengalese, berbero, catalano, ebraico, francese, gaelico scozzese, galiziano, gallese, hindi, hausa, irlandese, italiano, lettone, lituano, occitano, portoghese, punjabi, spagnolo e urdu. Altre lingue presentano una bipartizione in genere comune e neutro: basso-tedesco, danese, ittito, norvegese, olandese e svedese. Un ulteriore gruppo è presentato dalle lingue che dividono un genere animato e inanimato, di cui le maggiori rappresentanti sono le lingue degli indiani d’America.


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